La difficoltà di una salita 
		è principalmente un fattore soggettivo, influenzabile da svariati 
		elementi e da situazioni mai uguali. Il più importante di essi è lo 
		sforzo: tendenzialmente più la pendenza è elevata e più si fatica, ma 
		quanto dipende principalmente dal ritmo impostato, per cui pure un’ ora 
		di pianura può essere faticosissima, come può essere sfiancante un 
		inseguimento lungo un falsopiano o essere poco impegnativo un tratto al 
		10% a 9 orari. Inoltre c’è anche il fattore affaticamento, in situazioni 
		di crisi una banale salitella diventa peggio del Mortirolo.
		Per questo motivo non esiste 
		una risposta univoca alla domanda ‘quanto è dura una salita‘, 
		ognuno ha i suoi parametri e le sue sensazioni ed un indice di 
		difficoltà è giusto un valore indicativo dello sforzo richiesto. Ad 
		esempio, nonostante un valore quasi identico, ho sofferto molto di più 
		lo Stelvio da Prato rispetto al Mortirolo, ma sono sicuro che c’è chi ha 
		avuto un’ esperienza opposta alla mia.
Oltre ai dati soggettivi ci sono da prendere in considerazioni anche quelli ambientali: l’altitudine influisce parecchio sulle prestazioni, così come la temperatura, l’umidità, la presenza di ombra ed il fondo stradale, che stimo possa aumentare (nei casi peggiori) la difficoltà anche del 20%. Questi parametri sono troppo variabili per essere inseriti in una formula, ad esempio è più facile un tratto a 2500m con 18°, o uno uguale a livello del mare con 37°? Al massimo si possono usare dei moltiplicatori per bilanciare il manto stradale, da 0.95 per quelli appena rifatti sino ad 1.15 per quelli molto ruvidi, ma non si è soliti utilizzarli poiché ci sono cambiamenti nel tempo e l’ attrito varia anche in funzione delle ruote, che più sono larghe o sgonfie e meno subiscono le imperfezioni dell’ asfalto.
Con queste premesse si può capire come l’ indice di difficoltà sia un 
		valore indicativo, globale ed applicato solamente all’ altimetria, che 
		non tiene conto della vera salita. Detto questo, la formula è veramente 
		semplice: per ogni settore che sale si calcola:
		
		sommatoria di
		
		pendenza*pendenza*lunghezza (in km) = 
		sum (p^2*km)
		
		E’ possibile usare il moltiplicatore per il fondo stradale:
		p*p*lun * (da 0.95 per asfalti appena rifatti ad 1.20 
		per quelli disastrati o ruvidissimi)
Come sono arrivato a questa formula? Posso stimare l’ 
		impegno richiesto a superarlo:
		- In discesa è negativo, si va da soli e ci si riposa
		- In pianura ipotizzo sia 0, non si compie sforzo per proseguire alla 
		stessa velocità (è una semplificazione per motivi di calcolo)
		- In salita più il tratto è ripido e più è faticoso, nel 2001 ho 
		ipotizzato che la fatica aumenta in maniera quadratica rispetto alla 
		pendenza. L’ 1% è praticamente pianura, il 2% ha fatica quadrupla 
		rispetto a metà pendenza e la cosa può sembrare esagerata, eppure si 
		tratta di valori molto piccoli ed chi pedala conosce la differenza di 
		questo solo punto percentuale, ben più evidente rispetto a quella che 
		separa un 10 da 11%.
		Il 4% è già salita che blocca chi non ha gamba, a sensazioni direi che 
		il quadruplo rispetto al 2% è un valore plausibile.
		Andiamo su valori molto più alti: 10%, tutt’ altra cosa rispetto ad un 
		“quasi agevole” 4%, pendenze da ciclisti allenati, ed un 20% è 
		terribilmente più faticoso del 10%.
Non so se sia la formula perfetta, ma i valori ottenuti mi sembrano plausibili.
La difficoltà totale, che io chiamo anche “fatica necessaria per 
		scalare” è data dalla sommatoria di tutti i settori. Semplice e 
		lineare, funzionante anche nei casi estremi (difficoltà di 10m al 5%? è 
		5*5*0.01=0.25!). Considera anche la divisione in tratti, perché 1000m al 
		10% medio (f=100) hanno una difficoltà inferiore se sono formati da due 
		tratti di 500m rispettivamente al 5% ed al 15% (f=125).
		Questa formula non tiene però conto della distribuzione dei settori, 
		e lo faccio di proposito:
		Se c’è un tratto di discesa, quanto dovrei togliere alla fatica 
		complessiva? Poco, se quasi pianeggiante, niente se preso a ritmo 
		forsennato (anzi l’ aumenta), tanto se il tratto precedente è stato 
		affrontato a ritmo massimale. Così entriamo troppo nel campo del 
		soggettivo e non è possibile considerare questi aspetti.
		Per lo stesso motivo la formula non guarda alla disposizione dei vari 
		tratti, se i pezzi duri sono tutti consecutivi e alla fine, o se sono 
		separati da falsopiani la difficoltà non cambia
Qui in seguito le altimetrie di Mortirolo da Mazzo e dello Stelvio dai 48 tornanti. La difficoltà è quasi identica, 1425 a 1417, come tipologia sono agli antipodi.
STELVIO
		
MORTIROLO
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